Posted as guest by Jean:
Le ho appena ricevute da un amico scialpinista.
Se avete la pazienza leggete e meditate.
E’ l’ultima volta che segnalo l’argomento (non è fuori luogo come ho sentito dire; si tratta della volontà di contribuire a salvaguardare il futuro di ampi spazi di montagna, luoghi nei quali fino ad ora durante le escursioni si poteva esclamare: Che bello! e non come i m.media vi fanno credere che è solo per proteggere il nostro orto sotto casa; io sono distante da quei luoghi e potrei tranquillamente disinteressarmene, ma vedendo cosa succede ho ritenuto giusto dare anche il mio contributo); è ancora un tentativo per far capire anche se come ha detto Yura: A quanto pare a nessuno interessa.
Comunque se in questi giorni volete salire al Rocciamelone, munitevi di documenti e sperate di poter passare.
NIMBY, UN TRENO IN OGNI CORTILE
di Luca Mercalli – Meteorologo di RAI3 «Che tempo che fa» e presidente SMI
E’ pericoloso aver ragione dove
le autorità costituite hanno torto.
Voltaire
Sì Tav o No Tav? Il dibattito sulla costruzione della linea ferroviaria veloce Torino-Lyon non ha ancora centrato l’obiettivo. Inutile scannarsi sui sondaggi geognostici, a colpi di azioni militari degne di Falluja, per stabilire se c’è amianto o uranio, fin quando non si è affrontato il tema a monte di tutto: l’opera serve veramente?
E’ così «strategica», «irrinunciabile», «indispensabile» come proclamano molti politici a capo delle truppe d’occupazione o è «inutile e sostituibile da interventi meno costosi e dannosi per l’ambiente» come sostengono gli oppositori?
Finché non si metteranno in discussione gli scenari tecnici ed economici su cui è basato questo progetto, vecchio peraltro di decenni, ottenendo dati valutabili con metodo scientifico, finché non si smaschereranno i conflitti d’interesse che covano tra i progetti, non si giungerà a risposte condivise.
Non avrai altro Dio al di fuori del TAV
L’assunto da verificare è proprio il carattere di irrinunciabilità dell’opera, ormai divenuta un mito, una panacea di tutti i mali. Il Dio-TAV rilancerà le imprese in crisi strutturale, darà lavoro a milioni di disoccupati, eliminerà tutti i camion dalle strade, cementerà i rapporti tra popoli, culture e religioni, e migliorerà addirittura l’ambiente, fatto mai verificatosi nella storia (l’ambiente è dato all’origine dalle forze naturali, lo si può modificare, ma non migliorare).
Insomma, non avrai altro Dio al di fuori del TAV. Tutto il resto non conta.
Crescere, crescere, crescere.
E ciò pur considerando che il tempio sotterraneo del Dio-TAV sarà pronto tra oltre 15 anni, quando il mondo ha molte probabilità di essere molto diverso da quanto dipingono le «magnifiche sorti» inseguite dalla propaganda. Ci sono studi scientifici e scenari economici che mettono in dubbio le basi del fanatismo religioso verso il Dio-TAV, ma stentano – come di fronte a ogni fanatismo – a emergere e a essere razionalmente esaminati ed eventualmente falsificati.
Le strategie sagge
Del resto, già il buon senso suggerisce come prioritarie altre opere, in grado di dare effetti benefici non tra 15 anni, bensì subito: ospedali migliori, manutenzione e ammodernamento della rete ferroviaria esistente, investimenti sulle energie rinnovabili in vista dell’imminente picco di estrazione petrolifera, potenziamento del sistema acquedottistico e irriguo in vista degli effetti del riscaldamento globale, risorse per la ricerca e la scuola… e tanti altri temi che converrebbe almeno prendere in considerazione come assai più «strategici» di un ennesimo buco sotto le montagne.
Se il cortile è ormai pieno…
Ma la reazione alla cieca fede nel Dio-TAV spinge a una riflessione più ampia.
Gli abitanti della Valle di Susa sono stati sbrigativamente manganellati ed etichettati come affetti da «estremo localismo», malati di sindrome NIMBY (not in my backyard, ovvero non nel mio cortile).
Se si gratta sotto la vernice, si scopre però che in tutta Italia vi sono un’infinità di focolai di protesta, ognuno contro il proprio piccolo o grande tempio al Dio-TAV: gallerie, circonvallazioni, tangenziali, peduncoli svincoli e bretelle autostradali, inceneritori gentilmente chiamati termovalorizzatori e centrali elettriche, lottizzazioni residenziali e capannoni industriali, cittadelle commerciali e parchi produttivi, ampliamenti ed espansioni urbanistiche.
Sono proteste spontanee, che spesso non hanno molta voce, le loro grida di dolore si spengono a poca distanza dal luogo minacciato in quanto – a differenza della Val di Susa – spesso sono prive del sostegno degli amministratori locali, il più delle volte convinti assertori e beneficiari a vario titolo delle infrastrutture (in)desiderate.
Questa carta d’Italia piena di puntini rossi è il sintomo che la sindrome Nimby ha ragione d’essere non tanto perché non si vuole questa o quella struttura nel proprio cortile, ma perché è l’intero cortile italiano a essere ormai pieno.
La dilagante cementificazione del territorio, accentuatasi negli ultimi 10 anni, è il vero e drammatico problema che non si vuole affrontare. Non c’è più spazio, ci si pesta i piedi, le macchine e il denaro hanno ormai più diritti degli umani e il consumo irreversibile di suolo agrario e di paesaggio appare inarrestabile e lanciato a tassi esponenziali verso la saturazione.
Già, il paesaggio!
Ma importa ancora a qualcuno? O è solo un nostalgico ricordo dei viaggi italiani di letterati di un tempo che fu?
Assistiamo a un paradosso: sempre più ci viene proposto un paesaggio virtuale, pubblicitario, fatto di antichi mulini, valli degli orti, pascoli verdeggianti, grandi spazi dove scorazzare con potenti SUV, panorami alpestri dove ritemprare lo spirito, orizzonti oceanici dove trovare relax, ma sempre meno siamo attenti a difendere il paesaggio vero, quello che viviamo tutti i giorni.
Un processo perverso e ormai incontrollabile, fatto di insensibilità, rassegnazione, inadeguatezza legislativa, opportunità finanziarie e talvolta truffe e abusi, favorisce la betoniera selvaggia. Eppure dei rischi di questa folle corsa alla cancellazione della superficie terrestre, che – giova ricordarlo - non è un bene solo estetico, ma il substrato che ci fornisce di che vivere, si erano già accorti animi del calibro di Buzzati e Calvino (assolutamente attuale La speculazione edilizia, del 1957). Più recenti, le riflessioni del compianto Eugenio
Turri (La Megalopoli padana, Marsilio) e le denunce di Francesco Erbani (L’Italia maltrattata, Laterza).
Abbiamo ministeri e assessorati all’Ambiente…
Ma nulla accade. Anzi, ogni giorno su un vergine prato viene piantato un teodolite, poi arrivano le recinzioni rosse, inequivocabile sintomo della metastasi cementizia, poco dopo, ruspe e betoncar compiono lo stupro pedologico e paesaggistico. Un processo ad alta velocità che sta letteralmente annientando forse l’unico bene invidiatoci da tutto il mondo: l’armonia del paesaggio, duemila anni di evoluzione dell’uomo e della sua cultura non contro il territorio, ma con il territorio.
La politica – che dovrebbe difendere i beni comuni - strizza invece l’occhio al clan del tondino e fa finta di non accorgersi del suicidio.
Ma la gente, sempre più costretta a vivere in un’Italia-banlieue, soffre ogni giorno di più, stretta tra pareti di calcestruzzo, e si fa domande, si incontra, si organizza.
Brutto fuori, brutti dentro
Vivere nel brutto fa diventare brutti dentro, e mai prima d’ora nella storia, l’uomo è stato così tanto e brutalmente allontanato dal paesaggio terrestre: boschi, fiumi, foreste «le vere ricchezze dell’uomo», come le definì nel 1936 Jean Giono, un padre della letteratura francese il cui nonno ribelle proveniva da monti non lontani dalla Val di Susa.
… l’incapacità dei poteri pubblici di contenere un’espansione cementizia intenta a divorare la risorsa non rinnovabile del suolo. Una risorsa che le nostre generazioni avrebbero l’obbligo di conservare per quelle future almeno nello stato in cui l’hanno ereditata e che invece stanno dissipando a ritmi travolgenti, convinte di averne la totale disponibilità, annebbiate nella soddisfazione di bisogni presenti
FRANCESCO ERBANI – L’Italia maltrattata. Laterza, 2003
Il 5 dicembre 2005 si celebra la Giornata Mondiale del Suolo
Pubblichiamo uno scambio di lettere in merito alle recenti vicende della Val di Susa, tra Luca Mercalli (anche Presidente della Società Italiana di Climatologia) e Ugo Bardi…
No Tav: Cosa trasporteremo tra vent’anni su questi treni super-iper-mega ? Luca Mercalli - Ugo Bardi
Fonte: www.gruppoverdipiemonte.it Link
1 dicembre 2005
Carissimi,
è stata una giornata epica qui in Val Susa. Sembrava di essere tornati nel medioevo più oscuro (anzi, ora ci siamo dentro).
Non solo per il cielo cupo e nebbioso particolarmente malinconico tra i castagni ingialliti alla base del Rocciamelone.
Sono appena tornato dai luoghi di guerra civile e ho la nausea. Fortunatamente non per un pugno in pancia, ho evitato i manganelli portando in giro un collega giornalista della Radio Svizzera Italiana. Ma ho il vomito per quello che ho visto, indegno di un paese civile e democratico.
Oltre mille poliziotti, carabinieri antisommossa e finanzieri lanciati contro la gente comune, come se fossimo stati i peggiori delinquenti (quelli, invece, tranquilli agiscono impuniti… dove avete mai visto 1000 uomini in assetto di guerra, dico mille, fare un’operazione di polizia contro malviventi o truffatori?)
Fin da ieri sera centinaia di persone, pensionati, studenti, di tutti insomma, hanno dormito nei boschi, braccati come fiere selvatiche, per essere pronti all’alba a fronteggiare le ruspe.
Così è stato, in mezzo ai boschi alle sei di stamattina sono arrivati i blindati, sembrava di essere a Baghdad.
I Sindaci in prima linea, rappresentanti dei cittadini regolarmente eletti, presi a sberle dai carabinieri, con frasi del tipo: « Lei chi crede di rappresentare con quella fascia tricolore? »
Altri presi a cazzotti e buttati a terra, gente con le mani alzate e disarmata, che ribadiva la protesta PACIFICA, spostata di peso dai prati espropriati.
Vigili urbani che proteggevano i propri concittadini ARRESTATI (e poi rilasciati) dalla polizia di stato: ma come, Stato contro Stato? Chi è più ufficiale? Un pubblico ufficiale che difende il suo territorio dall’arroganza e dalla rapacità delle lobby cementiere o gli agenti aizzati da Roma dal ministro-talpa Lunardi?
Eppure le interviste che abbiamo raccolto erano di una maturità sorprendente: manifestanti maturi e competenti, gente che citava Gandhi e il picco del petrolio.
Gente che si chiedeva cosa mai dovremo trasportare tra vent’anni su questi treni super-iper-mega, quando non si fanno funzionare decentemente nemmeno quelli che abbiamo ora. Gente che chiedeva di impiegare 15 miliardi di euro non per bucare un’ennesima volta le Alpi, ma per gli ospedali, per le energie rinnovabili, per il risanamento ambientale.
Tanto per fare esercizi di termodinamica della follia: 15 milioni di m3 di roccia estratta dalla galleria di 54 km sotto il moncenisio non sanno dove metterli. Ecco la brillante soluzione pensata dai progettisti: l’imbocco del tunnel è a circa 600 m, a 2000 m c’è la cava dalla quale fu prelevato il pietrisco per la costruzione della diga del Moncenisio nel 1968. Dunque, riempiamo la cava con lo smarino e il gioco è fatto! Con un nastro trasportatore lungo 16 km eleviamo rocce della densità di 2500 kg/m3 su 1400 m di dislivello. Solo la deriva dei continenti è capace di tanto, ma lavora con incrementi di 1 mm all’anno.
Capite cosa vuol dire il delirio dell’energia facile?
E noi stiamo qui a pensare di risparmiare pochi miseri watt isolando il tetto o andando sul motorino elettrico…
I vecchi della montagna, fermi di fronte ai blocchi della polizia, dicevano che sono passati solo 60 anni da quando le bande partigiane facevano gli stessi sentieri inseguite dai tedeschi.
Pensate a queste cose quando tra tre mesi vi presenteranno la val di susa imbellettata per le olimpiadi invernali.
boh, ora sono troppo scosso per proseguire, rischio di scrivere stupidaggini.
ne riparleremo a sangue meno bollente. Grazie per i vostri messaggi di solidarietà…
Luca Mercalli
From: Ugo Bardi
Date: Tue Nov 1, 2005 10:55 am
Subject: TAV Torino-Lione
Cari colleghi,
su questa lettera di Luca Mercalli, ho dormito male tutta la notte. Ho sognato - o forse ho rimuginato nel dormiveglia - di essere un abitante dell’isola di Pasqua di tanti secoli fa. Mi sono immaginato la
deforestazione, l’erosione e l’eccesso di popolazione e mi sono immaginato un congresso dei « grandi pasquani » dell’epoca dove i grandi capi rassicuravano il popolo che: « non c’è problema, abbiamo solo
bisogno di altre statue, ancora più grandi di prima ». Mi sono rivisto nella mente la sfilata dei tronfi inbecilli di Rimini del congresso dell’altro giorno che ci hanno rassicurato che « non c’è problema, abbiamo solo bisogno di sviluppo, ancora più di prima » Sull’isola di Pasqua si trovano ancora oggi immense statue non finite abbandonate nelle cave di pietra dove venivano scolpite. Vicino, si trovano scalpelli e utensili di pietra del tempo. Evidentemente, il collasso ha colpito mentre ancora si cercava di fare statue sempre più
grandi. Gli archeologi si domandano come mai i pasquani hanno continuato a costruire statue fino all’ultimo, non si accorgevano di cosa stava succedendo? E che cosa avranno pensato quando hanno tagliato l’ultimo albero dell’isola per farci uno dei rulli per trascinare le statue?
Chissà se c’era qualcuno che protestava? Forse c’era, ma gli avranno dato di catastrofista, probabilmente lo hanno preso a legnate e sono andati avanti.
Credo che nei secoli futuri qualche archeologo esaminerà, perplesso, le immense gallerie che qualcuno aveva cominciato a scavare nelle Alpi, come pure i resti di quello che sembrerebbe essere stato l’inizio della costruzione di un pilone di quello che avrebbe dovuto essere un ponte lunghissimo nel editerraneo. Qualcuno si domanderà come mai gli abitanti del tempo non pensavano a utilizzare quelle risorse che gli
rimanevano per l’energia rinnovabile e per l’agricoltura invece di sprecarle in questo modo. Almeno, Luca ci ha raccontato cosa succede ai catastrofisti che protestano.
From: « Luca Mercalli »
Date: Tue Nov 1, 2005 9:57 pm
Subject: R: [petrolio] TAV Torino-Lione
Caro Ugo, cari amici,
La riflessione sull’isola di Pasqua/Val di Susa è assolutamente pertinente, è valsa la notte insonne.
A leggere i titoli dei giornali di oggi c’era da mettersi le mani nei capelli.
Roboanti dichiarazioni della destra e della sinistra sviluppista, del tipo: « si è trattato di piccole proteste di ambientalisti e centri sociali, bisogna andare avanti senza esitazioni », « è un’opera fondamentale per il paese », « è strategica », « garantirà occupazione e prosperità »… E così via.
link: http://italy.peacelink.org/ecologia/articles/art_13808.html
L’INFRASTRUTTURA CHE CI SERVE: ENERGIA, NON ALTA VELOCITA’
Lettera aperta agli Amministratori Italiani
Da ASPO-Italia, sezione italiana di ASPO internazionale, associazione per lo studio del picco del petrolio.
Con questa lettera, invitiamo gli amministratori italiani a riflettere se sia saggio e opportuno impegnare considerevoli risorse in opere costose come la nuova ferrovia TAV Torino-Lione, il ponte sullo stretto di Messina e altre grandi opere destinate all’incremento della velocità e del volume dei trasporti. Sono veramente queste le infrastrutture di cui abbiamo bisogno?
Tutte queste opere sono basate sulla previsione che il traffico di passeggeri e di merci continuerà ad aumentare nel futuro agli stessi ritmi di crescita che ha mantenuto nel passato. Ma trasportare cose, passeggeri o merci, richiede energia. Il concetto stesso di « alta velocità » ferroviaria è enormemente costoso in termini energetici, sia in termini delle opere necessarie sia in temini dei costi vivi per far viaggiare i mezzi. Per non parlare dei costi energetici di opere faraoniche come il ponte sullo stretto. La domanda è, allora, da dove arriverà tutta questa energia?
Il trasporto al giorno d’oggi è basato principalmente sul petrolio e potrà continuare a crescere soltanto se sarà possibile incrementare la produzione di petrolio agli stessi ritmi del passato. Ma l’analisi dei dati disponibili eseguita, fra gli altri, dagli scienziati del gruppo ASPO, ci dice che ci troviamo oggi in una situazione di seria difficoltà, con gravi problemi anche soltanto a mantenere la produzione attuale. Sono ormai oltre due decenni che il consumo di petrolio ha superato le nuove scoperte e siamo oggi nella situazione in cui per ogni nuovo barile di petrolio che si scopre se ne consumano quattro dai pozzi in esercizio.
Non siamo ancora davanti alla “fine fisica” del petrolio, ma il graduale esaurimento delle risorse esistenti è un fatto accertato del quale dobbiamo tener conto; non solo per il petrolio ma anche per gli altri combustibili fossili, gas naturale e carbone. A questo fattore si aggiunge l’ingresso sul mercato mondiale di economie in crescita come la Cina e l’India a reclamare la loro parte. La conseguenza sarà un declino nella disponibilità di petrolio, già indicata dagli alti prezzi che abbiamo visto negli ultimi anni. Quello che vediamo oggi è solo un assaggio di quello che ci aspetta nel prossimo futuro; che probabilmente vedrà un aumento dei prezzi e un declino di disponibilità di tutte le materie prime.
Questa situazione è particolarmente distruttiva per un paese come il nostro, che ha modestissime risorse minerali proprie e che basa la propria prosperità sull’energia fossile importata dall’estero. La nuova crisi petrolifera mette in discussione la stessa esistenza di un sistema industriale in Italia. Di fronte a questa situazione, dobbiamo ripensare se sia veramente il caso di impegnarci in costose infrastrutture come quelle previste per la TAV. Quanto meno, dobbiamo domandarci se non sia il caso perolmeno di ridurre le pretese di « alta velocità » a valori più ragionevoli che hanno costi energetici molto più bassi.
Nell’ottica di una crisi energetica imminente non possiamo certamente pianificare la gestione delle risorse in previsione di un incremento del traffico. Viceversa, dobbiamo tener conto della necessità prioritaria di sostituire il petrolio e gli altri combustibili con altre fonti. Il « Paese del Sole » ha ampie possibiltà di affrancarsi dalla schiavitù dell’importazione di combustibili mediante l’uso di energia rinnovabile. Ma, in questo campo, ci troviamo in una situazione di gravissimo ritardo di fronte a paesi che, come la Germania, hanno investito importanti risorse per la diffusione delle rinnovabili. Riprendere il terreno perduto richiederà l’investimento di una frazione importante delle risorse nazionali. Se queste risorse le impieghiamo per grandi opere come la TAV o il ponte sullo stretto, non saranno disponibili per le energie rinnovabili.
La protesta popolare odierna contro la TAV Torino-Lione è il sintomo di una generale percezione che le grandi infrastrutture dedicate al trasporto sono diventate, oggi, una grave inversione delle priorità, qualcosa che non genera prosperità ma che, anzi, impoverisce il paese. L’associazione ASPO invita gli amministratori italiani a tutti i livelli in Italia, a ripensare a certe scelte fatte nel passato in nome di una visione dello « sviluppo » ormai anacronistica. Le scelte fatte oggi influenzeranno profondamente il nostro futuro, occorre utilizzare saggiamente le risorse che rimangono per garantire ai nostri figli e nipoti la stessa prosperità che la nostra generazione ha goduto con i combustibili fossili.
Occorre utilizzarle per l’energia, non per l’alta velocità.
Associazione ASPO – Italia - www.aspoitalia.net
Il Presidente
Prof. Ugo Bardi - ugo.bardi@unifi.it
Si associano i seguenti membri di ASPO-Italia, scienziati, tecnici, professionisti e cittadini:
Daniele Alderighi, fisico
Agire Locale, torino social forum
Toufic El Asmar, ricercatore
Silverio Bertini, ingegnere
Debora Billi, giornalista
Gianni Brianese, tecnico della prevenzione
Nicola Caporaso, fisico
Giovanni Comoretto, docente universitario
Massimo De Carlo, consulente
Andrea Fanelli ingegnere
Mario Ferrandi,informatico
Francesco Grazzi, fisico
Giuseppe Grazzini, docente universitario
Dante Silvio Lucco, ingegnere
Grazia Maccarone, cittadina
Pierangela Magioncalda, fisico
Giovanni Marocchi, esperto in energia
Emilio Martines, ricercatore
Paolo Mattone, cittadino
Francesco Meneguzzo, fisico
Maurizio Moretto, ingegnere
Pierluigi di Pietro, geofisico
Luca Pardi, ricercatore
Davide Plavan, ingegnere
Eugenio Saraceno, Ingegnere
Emilio Sentimenti, chimico industriale
Luca Vecchiato, ingegnere