Basta. Come si dice a Milano, « me sun rott i ball ». Non sono un paladino delle battaglie civiche, ma questa volta non ce la faccio proprio a stare zitto. Magari (anzi, sicuramente) non servirà a nulla, ma almeno mi sfogo.
Ieri mattina all’alba salgo la strada della Valle Loana, il programma è concatenare Pizzo Ragno e Pizzo Nona, con rientro in mattinata (tra l’altro, obiettivo centrato, e gran fresco!).
Arrivo al solito parcheggino, dove si diparte il sentiero che scende a guadare la Loana, e mi trovo un bel cantiere, con tanto di ruspa parcheggiata a bordo strada. Ipotizzo che si tratti di un’appendice dei lavori di potenziamento idroelettrico che stanno facendo più in basso, ma la lettura del tabellone mi fa cadere le braccia (per non dire qualcos’altro): stanno costruendo un bella strada agrosilvopastorale che percorrerà tutta la Val di Basso fino all’Alpe omonima (ma state pur tranquilli che poi la faranno arrivare fino all’Erta, e magari, perchè no, al Cedo). L’ennesima, inutile strada del cazzo, a rovinare una stupenda valle che, tra l’altro, è uno degli accessi primari al Parco Valgrande (proprio un bel biglietto da visita, no?)
Ma a chi serve questa strada?
Già sarebbe discutibile se veramente l’uso fosse agrosilvopastorale: siamo nel 2011, nessuno ti obbliga a fare il pastore in montagna, ci sono possibilità altrove di fare lavori molto più comodi; chi fa una scelta di questo tipo, deve essere consapevole anche delle fatiche e dei sacrifici che questo lavoro comporta, nonchè dell’importanza del proprio ruolo di custodia del territorio nell’mbito delll’ambiente in cui si opera. Con questo non voglio dire che i pastori di montagna debbano condurre una vita di stenti come nel 1600, ma neanche che debbano per forza arrivare in macchina all’alpeggio. Forse bisognerebbe accettare un po’ di fatica in più, in cambio di preservare integro quell’ambiente che tutto sommato gli dà da vivere.
Qulcuno obietterà che così si incentiva lo spopolamento delle montagne. So di attirarmi critiche, ma personalmente preferisco una montagna spopolata che una devastata.
Il punto è che in Val di Basso attualmente viene inalpato un solo corte (il Cedo), che peraltrro storicamente è sempre stato inalpato e lo è tuttora, anche senza strada (che tra l’altro al Cedo non ci arriverebbe neanche). Per il resto, nulla, io sono passato ieri in piena stagione di carico e non c’era un’anima. In compenso gli alpi di fondovalle (Alpe Basso, L’Erta, ecc), abbondano di baite ristrutturate, ma per scopi che di agrosilvopastorale hanno ben poco.
E’ a questo punto che un tarlo mi si insinua nella mente: ma vuoi vedere che con la scusa dell’agrosilvopastorale questi signori si fanno la strada per arrivare in macchina alla baita, evitando così 40 faticosissimi minuti di mulattiera IN PIANO, e potendo così finalmente portare in baita anche la moglie col triplo culo? Temo proprio che il sospetto sia fondato.
Ci risiamo: per soddisfare l’interesse di pochi, si distrugge ciò che è patrimonio di tutti. Evviva l’Italia!
Naturalmente si lascia fare e nessuno dice nulla, suvvia, siamo tutti impegnati nelle grandi battaglie, non c’è tempo per occuparsi di queste cose!
Dove sono i signori ambientalisti? Già, tutti impegnati a fare manifestazioni anti nucleare. Dov’è il Parco Valgrande? E’ vero, la Val di Basso è fuori dal territorio del parco, ma ne costituisce pur sempre un accesso fondamentale: non male entrare nell’area wilderness più grande d’Italia attraverso una bella sciabolata nel fianco dellla montagna (sappiamo bene tutti come vengono costruite queste strade); e poi il parco ha altro da fare, tipo collocare tavoli e panche da picnic ai Laghetti del Geccio: non ci crederete, ma si narra di veri e propri scontri all’arma bianca per occuparli (per chi non lo sapesse, i Laghetti del Geccio sono un bel posto dove se passano 20 persone l’anno è già tanto).
E intanto si va avanti a distruggere.
Ora penserete che io sia un talebano integralista dell’ambiente. Nulla di più sbagliato: anzi, io sono forse uno dei pochi italiani che è andato a votare NO al referendum sul nucleare.
E non sono nemmeno uno che dice no alle strade in assoluto. Anche a Devero una volta non c’era la strada, adesso c’è, la uso anche io e mi fa comodo, ma ammetterete che la situazione è un pochino diversa (però, vi ricordate che paradiso il Devero senza merenderos?)
E’ solo che mi danno fastidio la prepotenza, i progetti idioti e i soldi sprecati.
Già, perchè la seconda questione è: la strada, chi la paga?
Ma certo, la pagherà chi la usa (ah già, dimenticavo: la maggior parte delle strade agrosilvopastorali sono chiuse da una bella sbarra con lucchetto, le cui chiavi le hanno solo i confinanti autorizzati - mica vorrete che la percorrano cani e porci, sai che danno all’ambiente?)
Aiuto, aiuto! Chiamate la Fata Turchina, che già mi sta crescendo il naso come a Pinocchio! Eh sì, cari miei, perchè la strada ce la paghiamo noi.
Ci sono i contributi della Comunità Montana, del Comune, della Provincia, della Regione, che prendono i soldi dallo Stato, che li prende a noi. Non credete alle favole che vi raccontano, l’autofinanziamento, i tributi locali, ecc, basta guardare ai bilanci degli enti pubblici per vedere da dovve arrivano i soldi.
Quindi non solo per l’interesse di pochi si distrugge il patrimonio di tutti, ma lo si fa pure pagare alla collettività.
Cornuti e mazziati.
Francamente eccessivo, direi.
E allora OK, volete proprio la strada che vi arriva di fronte alla baita?
Benissimo, allora la voglio usare anche io, visto che la pago anche io.
Anzi, inviterò una decina di amici tamarri di periferia, verremo su in macchina, e ci metteremo a fare una grigliatona nei praticelli antistanti le baite ristrutturate: con tanto di tavolini, ombrelloni, e partitella digestiva a calcetto (tanto il prato è quasi in piano).
Ah, dimenticavo, portellone aperto e radio a palla, sennò non ci si diverte!
E se da fastidio a qualcuno, chissenefrega, l’importante è farci i comodacci nostri!
Un incazzato Stefano Tagliabue