E’ stata appena pubblicata la sentenza, che ha fatto discutere, sulla valanga del Pizzo di Olano.
Eccola:
[quote]Cassazione penale - Quotidiano del: 21/03/2009
(Sezione quarta, sentenza n. 10789/09; depositata l’ 11 marzo)
Fuoripista a monte, slavina a valle: tre morti. Rischia grosso lo sciatore che causò la valanga
Cassazione - Sezione quarta - sentenza 10 dicembre 2008 - 11 marzo 2009, n. 10789
Presidente Mocali - Relatore Izzo
Ricorrente P.G. presso la Corte di Appello di Brescia
Fatto e diritto
- In data 26/1/2003, verso le ore 13.00, un gruppo di 12 scialpinisti della scuola CAI di Lecco, condotti dalla guida alpina Marco Della Santa, percorreva, a valle della sella tra il Pizzo Olano e Pizzo dei Galli in zona Valtellina, una pista innevata. Ad un tratto venivano investiti da una valanga che provocava la morte di tre escursionisti: Alberto Baggioli, Marta Cesari e Marco Greppi.
Dalle immediate indagini svolte emergeva che a determinare la valanga di grosse dimensioni era stata in origine, una valanga di dimensioni più ridotte provocata dal passaggio a monte del gruppo di uno sciatore, identificato nell’imputato Fanoni Fabio, che aveva, zigzagato sulla neve fresca non tracciata, causato la rottura del manto nevoso ed il suo scivolamento verso valle. All’esito delle indagini, il Fanoni Fabio e suo padre Fanoni Bruno venivano rinviati a giudizio per i seguenti reati:
A) del delitto di cui agli artt. 113, 426 e 449 c.p. perché, nell’esercizio della pratica dello sci-alpinismo, per colpa (imprudenza e negligenza), in cooperazione tra loro, cagionavano la caduta di una valanga in località Pizzo Olano a m. 2215 circa s.l.m., effettuando, pur esperti scialpinisti, l’ascesa lungo la linea di massima pendenza verso il Pizzo Olano, guidando - FANONI Fabio alla testa del gruppo e FANONI Bruno in coda due giovani del tutto inesperti della disciplina dello sci-alpinismo, nonostante che:
- nel bollettino nivometeorologico per le Alpi e le Prealpi lombarde n. 9 del g. 24.01.2003, valido sino 27.01.2003, della Arpa-Aineva di Bormio fosse segnalata “la probabilità” di distacco di valanghe già “con debole sovraccarico (passaggio di un singolo sciatore)” con indice di pericolo di caduta valanghe “TRE Marcato”;
- fosse raccomandabile, alla luce di detto bollettino e anche per la presenza di neve fresca in notevole quantità (50/60 cm) e per la temperatura atmosferica relativamente elevata (-1° C a -2° C circa), salire non direttamente lungo la verticale del canalone verso il Pizzo Olano ma con itinerario ad arco lungo la dorsale Est-Nord-Est che dalla località Casera di Olano porta al Pizzo dei Galli come consigliato in presenza di dette condizioni nivometeorologiche anche dalla letteratura tecnica in materia (v. “Itinerari di sci alpinismo e di escursionismo invernale nel parco della Orobie Valtellinesi” della guida alpina Andrea SAVONITTO edito a cura della Comunità Montana Valtellina di Morbegno, p. 19-20 e “Guida al Parco Regionale delle Orobie Valtellinesi” di Mario VANNUCCINI edito a cura del Parco Regionale delle Orobie Valtellinesi, p. 51).
In particolare FANONI Fabio, raggiunto il punto “deposito di sci” sulla sella tra il Pizzo Olano e il Pizzo dei Galli, in luogo di togliersi gli sci e procedere a piedi verso la vetta del Pizzo Olano, proseguiva, senza che il padre Bruno, che aveva di fatto assunto il ruolo di guida del gruppo, glielo impedisse, con gli sci ai piedi, nonostante l’elevata pendenza (oltre 35°), zig-zagando verso la vetta su neve fresca non tracciata, per il che provocava nell’ultima virata a destra, anche a causa del sovraccarico supplementare costituito da esso sciatore su un accumulo fresco di neve soffiata dai venti, la rottura del manto nevoso sottostante e scivolava verso valle causando una prima valanga di dimensioni contenute che a sua volta provocava, subito dopo, il distacco di una valanga di grosse proporzioni che investiva tutto il fronte sottovento lungo il canalone e che si abbatteva a grande velocità su un gruppo di 12 scialpinisti che si trovavano a valle, condotti dalla guida alpina DELLA SANTA Marco, provocando la morte, per seppellimento da neve, di BAGGIOLI Alberto di anni 36, di CESARI Marta di anni 23 e di GREPPI Marco di anni 40 nonché il ferimento di altri 7 escursionisti.
B) del reato di cui agli artt. 113, 589 c. 1 e 3 c.p. perché, in cooperazione tra loro, ponendo in essere le condotte di cui al capo precedente, cagionavano per colpa (imprudenza e negligenza) la morte per soffocamento da seppellimento nella massa nevosa, avvenuta sul posto poco dopo l’evento valanghivo, di Baggioli Alberto di anni 36, di Cesari Marta di anni 23 e di Greppi Marco di anni 40.
Acc. sul Pizzo Olano del Comune di Rasura alle ore 13.00 del 26/1/2003.
- All’esito del giudizio di primo grado, svoltosi con il rito abbreviato, il GUP del Tribunale di Sondrio, condannava il Fanoni Fabio alla pena di anni 1 e mesi sei di reclusione per i delitti di omicidio e valanga colposa ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile Baggioli Andrea.
Assolveva il padre Fanoni Bruno per non aver commesso il fatto.
Il giudice di prime cure, dopo avere individuato nella condotta dell’imputato un legame causale con l’evento, censurava il suo comportamento, contrario alle normali regole di diligenza e prudenza, per avere sciato in zona contrassegnata da pericolo di valanghe “tre marcato” ed avere attraversato il canalone innevato con gli sci, invece che a piedi. - Con sentenza del 9/3/2007 la Corte di Appello di Milano riformava la sentenza mandando assolto l’imputato “perché il fatto non costituisce reato” in difetto di prova certa del nesso causale.
Osservava la corte territoriale che:
a) rilievi di negligenza dovevano essere mossi verso tutti i protagonisti della vicenda: al Fanoni Fabio ed ai suoi tre compagni ed alla guida alpina Della Santa (deceduto nelle more per altra causa), per avere percorso zone ove era segnalato pericolo di valanghe;
b) era certo che la valanga era stata determinata da una slavina primaria di più modeste dimensioni;
c) secondo il Dott. Peretti, geologo responsabile Centro Nivo - Meteorologico della Lombardia una valanga come quella di cui ci si occupa è determinata dalla formazione di una “bolla” d’aria compressa negli strati deboli del lastrone nevoso; nel tentativo di fuoriuscire si espande lateralmente in modo concentrico fino alla rottura. Il fenomeno può essere innescato anche a notevole distanza dal luogo della valanga;
d) che ad analoghe conclusioni erano giunti gli esperti svizzeri nominati consulenti del P.M.;
e) nel caso di specie, tenuto conto che nella zona vi erano una pluralità di gruppi di persone, sia a valle che a monte del luogo di insorgenza della prima valanga, non era emerso con la dovuta certezza che era stato proprio il sovraccarico supplementare costituito dal Fanoni a provocare la rottura del manto nevoso. - Avverso la sentenza hanno proposto ricorso il P.G. della Corte di Appello ed il difensore della parte civile Andrea Baggioli chiedendo l’annullamento della sentenza ed il rinvio al giudice del merito per un nuovo esame.
4.1. Il P.G. ha dedotto:
a) la inosservanza od erronea applicazione della legge penale e la mancanza, contraddittorietà o illogicità della motivazione relativamente all’insussistenza del nesso causale. Invero la Corte nell’escludere o quantomeno porre in dubbio la causalità della condotta dell’imputato, non aveva tenuto conto delle numerose deposizioni dei testi presenti, i quali avevano dichiarato di aver visto distaccarsi, dal luogo ove era passato il Fanoni, una piccola slavina; nonché delle conclusioni dei C.T. del P.M., esperti svizzeri, i quali avevano dichiarato che “la valanga… è stata provocata con altissima probabilità dal gruppo Fanoni, in particolare da Fanoni Fabio…, di tutte le varianti che sono state prospettate per il distacco, riteniamo che questa sia di gran lunga la più probabile”.
Pertanto la corte territoriale, nel supportare la decisione di assoluzione, aveva volto in termini dubitativi ciò che i consulenti avevano indicato con alto grado di probabilità come causa della valanga;
b) la mancanza, contraddittorietà o illogicità della motivazione in relazione alla posizione del Fanoni al momento del fatto. Invero la Corte aveva ritenuto che al momento dei fatti l’imputato si trovasse a soli 5 metri di distanza dal luogo in cui un suo compagno, Losa, aveva depositato gli sci. La Corte aveva però disatteso, senza adeguata motivazione, le deposizioni di numerosi testi presenti, i quali avevano segnato con una “X” il luogo ove avevano visto lo sciatore zigzagare e, concordemente, lo avevano collocato in un punto distante da quello in cui il Losa aveva piantato gli sci.
4.2. La parte civile ha dedotto:
a) il travisamento della prova, per non avere la Corte dato conto, nell’assumere la decisione di assoluzione, delle conclusioni inequivocabili delle consulenze del P.M. e della parte civile, di cui la Corte aveva dato un’impropria lettura, ove l’evento veniva ricondotto con alta probabilità alla negligente condotta dei partecipati al gruppo Fanoni ed in particolare a Fanoni Fabio, in quanto una volta giunti sulla cresta del monte Ciano, invece di muoversi a piedi, avevano abbandonato il filo di cresta, caricando con gli sci il pendio nevoso, innescando la originaria slavina; senza, inoltre tener conto che nelle dette consulenze era stata esclusa la sussistenza di alternative causali;
b) il travisamento della prova, in relazione alla valutazione della posizione del Fanoni al momento del fatto, svolgendo argomentazioni analoghe a quelle del P.G.
La difesa dell’imputato ha depositato memoria scritta con la quale si richiede il rigetto dei ricorsi. - I ricorsi sono fondati e devono essere accolti, in quanto la sentenza impugnata è viziata da travisamento della prova con riferimento agli esiti della consulenza tecnica del P.M. e delle deposizioni; e da difetto di motivazione, in relazione alla valutazione del nesso causale.
Quanto al travisamento della prova, va osservato che a seguito delle modifiche dell’art. 606, comma primo, lett. e) ad opera dell’art. 8 della L. n. 46 del 2006, mentre non è consentito dedurre il “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, è, invece, consentito dedurre il vizio di “travisamento della prova”, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale. In tal caso, infatti, non si richiede al giudice di legittimità di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano (Cass. V, 39048/07, imp. Casavola, rv. 238215).
Nel caso di specie, i C.T. nominati dal P.M., Dott. Jug Schwelzer e d.ssa Betty Sovilla dell’Istituto Federale per lo studio della neve e delle valanghe svizzero, con documentate argomentazioni nella sostanza non contraddette dagli altri C.T., hanno stabilito che la valanga di lastroni di neve asciutta di medie proporzioni, che si è staccata il 26/1/2003, è stata provocata con altissima probabilità dal sovraccarico supplementare dello sciatore in ascesa su un accumulo di neve soffiata, sovraccarico che ha provocato la rottura del manto nevoso, innescando dapprima la “valanga primaria” e poi quella “secondaria”, più imponente, che ha determinato gli eventi letali.
Nella motivazione della sentenza della Corte è affermato che l’innesco della slavina primaria non necessariamente era da attribuire al passaggio del Fanoni sulla neve fresca soffiata, in quanto dalla deposizione del teste Dott. Peretti (del Centro Nivo-Meteorologico dell’ARPA Lombardia), tale tipo di valanga può essere determinato da una bolla d’aria compressa che si espanda lateralmente e che può essere innescata anche a distanza dal punto di rottura, ove ad esempio vi erano altri sciatori, come il Losa che aveva depositato gli sci conficcandoli nella neve.
Orbene la sentenza impugnata, sul punto, non tiene in alcun conto, obliterandone la valenza, delle deposizioni dei numerosi testi sentiti in dibattimento (Oldani Graziano, Gandolfi Edoardo ed altri), i quali hanno riferito di avere visto Fabio Fanoni (lontano dal punto ove altri avevano lasciati gli sci) attraversare la neve e ad un certo punto sprofondare sul manto mentre la neve si sbriciolava con distacco di blocchi che partivano verso valle. Peraltro lo stesso Fanoni aveva riferito che, ad un tratto, sotto di lui si era distaccata della neve.
La Corte distrettuale, a fronte di tali evidenti emergenze istruttorie, da cui si rilevava come gli sci dell’imputato avessero determinato la rottura del manto, ha invece dato credito ad una ricostruzione del fatto del tutto ipotetica, quale quella dell’esistenza di una bolla d’aria innescata a distanza da altri sciatori.
In tal modo è incorsa in un evidente difetto di motivazione ed in particolare di contraddittorietà in tema di valutazione del decorso causale dell’evento.
È da premettere che in sede di giudizio è possibile che si prospettino al giudice del merito una pluralità di possibili cause di un determinato evento.
Nella sua valutazione il giudice dovrà discernere quali siano quelle che costituiscono mere ipotesi, da quelle invece che si prospettano come probabili cause in quanto ancorate ad elementi di fatto, emergenti dagli atti del processo. Invero, come già in passato osservato da questa Corte (Cass. IV, 30057/06, imp. Talevi, rv. 234373), una mera ipotesi che si appartenga al novero del solo astrattamente possibile non è idonea, di per sé, a togliere rilievo a fatti diversi storicamente accertati che esplicano i loro effetti non più nella sfera dell’astrattamente possibile, ma in quella del concretamente probabile. A fronte di una spiegazione causale del tutto logica, siccome scaturente e dedotta dalle risultanze di causa correttamente evidenziate e spiegabilmente ritenute, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa e diversa, capace di inficiare o caducare quella conclusione, non può essere affidata solo ad una indicazione meramente possibilista, ma deve connotarsi di elementi di concreta probabilità, di specifica possibilità, essendo necessario, cioè, che quell’accadimento alternativo, ancorché pur sempre prospettabile come possibile, divenga anche, nel caso concreto, hic et nunc, concretamente probabile, alla stregua, appunto, delle acquisizioni processuali.
Nel caso di specie, come visto, la Corte di Appello, travisando i dati probatori prova e con contraddittoria motivazione, a fronte di una ricostruzione del decorso causale dell’evento ancorato con alto grado di probabilità alla negligente condotta del Fanoni, ha depotenziato la più probabile e verosimile ricostruzione del sinistro, dando credito ad una ricostruzione alternativa meramente ipotetica.
Per quanto detto, si impone l’annullamento della sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per un nuovo giudizio.
Si rimette alla fase del merito la liquidazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Rimette alla sede di merito la liquidazione delle spese del giudizio.[/quote]