Posted as guest by Ai@ce:
ciao, ecco un po’ di materiale per riflettere sul freeride…
Ai@ce
ecco qua:
da go-mountain.com
Un bel numero che parla molto di sicurezza, sia per le valanghe con la riproposizione di una loro idea, l’« enigma delle valanghe » deve essere insegnato dai maestri dell’ESF durante i normali corsi di sci, per almeno un ora, mah io dubito che ne verrà fuori del buono, perchè i loro maestri in tema di valanghe son come i nostri, cioè vanno a spanne
Impressionanti i dati di un sondaggio dell’ANENA tra quasi 2500 sciatori e snowboarder Il 57% esce dalle piste battute il 24 % molto regolarmente, eppure si dice sempre che sono al massimo un 10%, vabbeh però in francia son sicuramente molti più che da noi ad andare in fuoripista
Ma il 57% non sa nulla dei drappi (bandiere a scacchiera) che usano in francia per informare del livello di pericolo valanghe in quel momento
Il 67% non sa nulla della scala di rischio valanghe
Il 69% non sa cosa sia un ARVA Ma ora arriviamo al colmo, il 46% di quelli che dichiarano di andare fuoripista, considerano la presenza di altre tracce in un pendio come un sicuro segnale di sicurezza da valanghe dello stesso!!!
Il 59% pensa che il fuoripista vicino alle piste sia molto sicuro!!! Interessante anche un altra cosa che devo confermare I più esperti freerider con anni di esperienza, conoscono i pericoli e come gestiscono autonomamente il rischio valanghe, ma spesso litigano di più con i controllori quando ci son dei divieti stabiliti dalla collettività, ne sono insofferenti perchè dubitano che siano giustificati
In effetti il problema (ricordano) è che il livello di pericolo è stabilito per tutta la montagna-stazione, come l’eventuale divieto di fuoripista, ma i più esperti sanno bene che in alcune zone limitate è possibile comunque praticare del fuoripista relativamente sicuro, ma purtroppo al seguito di questo vanno anche degli sciatori ignoranti dei pericoli ma col gusto del fare qualcosa di proibito
Come fare a risolvere il dilemma??? Nella regione delle hautes-alpes (se non sbaglio è quella di serre chevalier) hanno deciso che tutti i ragazzi delle superiori, al quarto anno seguiranno un corso di educazione ala montagna, più giorno in classe, e un giorno di formazione pratica sul terreno a les Orres, conoscenza dei luoghi, uso dell’ARVA, sondaggio, incontro con professionisti. L’anno scorso 1.700 ragazzi hanno seguito quei corsi
Pensiamo a cosa si fa in Italia nelle scuole e…
vabbeh lasciamo perdere… Ci son dei consigli per gli acqusiti
su caschi, maschere e protezioni dorsali e fondoschiena (dominio della nostra vicentina dainese) c’è un bell’articolo d’effetto sul rapporto tra il freeski (o freeride) e il salto delle barriere rocciose, o falesie (oddio secondo il Telmon le falesie son solo in riva al mare
) E’ vero il freeride si è imposto come immagine sopratutto con foto e filmati di impressionanti salti di 20/30 metri, e proprio pochi giorni fa su skipass si parlava di quanti hanno il coraggio di fare il salto finale dell’itinerario dei Trifides a la grave che è di 8 m
Ora a parte che saltare dal terzo piano di una casa è a mio avviso impressionante, e molti hanno detto che in quel salto più di uno è finito all’ospedale, e alcuni si son recisi di netto la lingua!!! e altri son finiti direttamente al cimitero, è vero che il salto ha un attrazione fatale incredibile, nonostante l’indubbia pericolosità
Mi piace però far notare come finiscono l’articolo, cioè con l’esempio di Jeff Holden un incredibile saltatore, di cui ripropongono un incredibile foto della copertina di un Powder che avevo, beh dopo un annata incredibile, il 99, in cui ha fatto parecchi salti monstre di oltre 40 metri!!! ora si trova con una schiena e ginocchi sempre doloranti e non scia neppure lontanamente vicino ai livelli pazzeschi di qualche anno fa. Parafrasando ed estendendo un concetto caro agli alpinisti che diceva che il buon alpinista è quello che torna vivo (o muore nel suo letto), il buon freerider non è quello che ne esce vivo dalle sue avventure, ma è quello che ne esce sano per poter vivere a pieno fino in tarda età!!! Ah nell’ultima foto della rivista si mostra un freerider che tentava di fare un backflip in fuoripista a cham, ma ha sbagliato i tempi e lo ha finito sulla testa
per fortuna col casco. Ha preso un gran mal di testa e uno sci si è spezzato in due.
Perchè non esiste una rivista di livello simile in italia? –
dal newsgroup it.sport.montagna (messaggio di A.M. di qualche mese fa)
Per una volta, saro’ politicamente scorretto. Secondo me, si tratta di una
cagata pazzesca. Belle foto per solleticare soprattutto il voyerismo
consumistico che si nutre di carta patinata e immagini TV, comodamente
seduto in poltrona. Mode alimentate da chiacchiere massmediatiche, con
qualche testimonial superfigo capace di cose incredibili, ma distanti anni
luce dalla realta’ dello sciatore normale. Rischi pazzeschi (ma guai a non
esibire l’arva o qualche altro talismano, per non offendere il benpensante
e rassicurare la casalinga). Tanto loro non sanno che con le valanghe che
si staccano sui pendii scesi da questi fenomeni, se uno resta sotto, con
l’arva riusciranno a recuperare solo qualcuno dei pezzettini rimasti. Anche
se avessero la mitica pala infrangibile di Beppe Stauder.
Il tutto condito con qualche filosofia da strapazzo raccattata al
supermarket, per confezionare un prodotto da spacciare soprattutto a
livello subliminale, non perche’ la gente lo faccia, ma perche’ in compenso
la gente con gli occhi che luccicano si precipiti a comprare gadget e
ammennicoli, sci carvati e capi tecnici, pannoloni in capilene, calzini in
fibra al titanio per pesare di meno, bibitoni energetici piu’ o meno
parenti del doping. E riviste patinate, of course, da sfogliare al
gabinetto seduti sulla tazza, in modo che l’evacuazione ne risulti
felicitata. Sognando liberta’, California e surf. E risvegliandosi in
ufficio, in una grigia metropoli con milioni di automobili.
La differenza fra scialpinismo e freeride e’ molto semplice: uno e’
un’attivita’ alpinistica, l’altro una merce. Nominata in inglese, che cosi’
sembra nuova. Uno e’ una cosa che si fa, l’altro una cosa che si vende.
Anche nello scialpinismo, che era rimasto finora cosi’ amabilmente retro’,
si stanno diffondendo i peggiori andazzi che da tempo hanno rovinato il
mondo dell’alpinismo: tecnicismo esasperato, competitivita’ basata
sull’apparire e sugli sponsor. E piu’ di tutto, un modo di « consumare » la
montagna riducendola a fondale. Un luogo in cui divertirsi senza far
fatica, atteggiandosi ad « amanti della natura », in realta’ non rendendosi
neppure conto di far parte di un mondo artificiale e fasullo, che meno
« naturale » non si puo’.
La societa’ dello spettacolo, di cui parlavano i situazionisti negli anni
60, ha sfondato anche il muro dello scialpinismo, dove fino a poco fa
ancora resistevano, come indiani nelle riserve, personaggi che di tutto
questo apparire, di tutta questa montagna esibizionista, di tutta questa
ansia da prestazione, potevano fare bellamente a meno, continuando a vivere
una montagna fatta di semplicita’ e di interiorita’, e di liberta’ (quella
vera).
Mi consola il fatto di sapere per certo che il free ride, il backcountry e
le altre menate non porteranno un nuovo scialpinista che sia uno. Tutti
rintanati in casa a guardare la TV o a sfogliare le riviste sulla tazza del
cesso. Al limite, qualche avventuroso si cimentera’ in fuoripista vicino
agli impianti. Qualcuno si fara’ male, e si scatenera’ il diluvio degli
opinionisti, e per qualche giorno bisognera’ fare attenzione a portarsi in
giro degli sci con il buco in punta. Poi tutti se ne dimenticheranno di
nuovo. Sulla Schneegrubenspitze, dove sono stato domenica scorsa, con
un’ora e mezza di stradina pianeggiante prima che cominci la gita,
continuera’ a non esserci nessuno: mi troverete li’.
Per cui, chissenefrega del freeride, l’oppio degli sciatori annoiati dalla
pista ma incapaci di fantasia nonche’ di fatica, fisica e tantomeno
mentale. E’ a loro che si rivolge tutto questo, non agli scialpinisti.
Spiace che per conquistare qualche lettore anche riviste che un tempo si
occupavano di alpinismo perdano il tempo a parlare di questa roba.
Pazienza: faremo a meno di leggerle, come abbiamo spento da tempo la TV.
a.